sabato 14 luglio 2007

La grande donna nuda di Lachaise

La fotografia qui accanto raffigura una statua di Gaston Lachaise, ospitata nel giardino delle sculture del Museum of Modern Art di New York (il MoMa): in assoluto, uno dei posti più belli al mondo dove andare. La statua, in bronzo, è del 1932, s’intitola Standing Woman, è alta circa due metri e trenta centimetri, e larga oltre un metro. Ne parla anche Gloria Brame in un suo articolo che si può leggere in traduzione su Femdom Italia.

Perché mi piace questa scultura? Anzitutto per le sue dimensioni e la sua gravità: questa donna nuda si colloca con decisione nello spazio, e lo riempie di sé. Non guarda in alto, verso il cielo: non le importa niente dei mondi superiori, non ha niente di spirituale. È pura materia e vive totalmente in essa. È materia nel senso odierno, quasi tecnico, del termine (tanto gradito alla critica d’arte contemporanea). Ma lo è anche nel senso originario, pagano, di sostanza prima da cui sono formate le altre.

Già. Materiam, manum, matrem: sono tutti termini collegati fra loro dalla medesima radice. La materia appartiene all’ambito di ciò che è misurabile (non a quello delle idee): ha un’estensione, un peso, una forma, una consistenza, un contorno… Può essere toccata, accarezzata, manipolata... È così perché è stata generata: dalla natura o con mano. Se le idee hanno bisogno di un principio paterno, maschile, la materia non può fare a meno di un principio materno, femminile.

Ecco, il significato di questa “donna nuda” – come la chiama semplicemente la Brame – sta qui, nell’immagine di questa madre che plasma la materia. Anzi, l’ha già plasmata, e ora non ha nemmeno bisogno di contemplarla. È raccolta in se stessa, paga della sua grandezza, piantata nel suolo e con il capo che sfiora le nubi, come le vette delle montagne, giacché lei stessa è una montagna.

Ma perché è così “calma” la signora di Lachaise? Perché, per quanto intimamente nuda, non prova alcuna vergogna? Perché nella sua assoluta nudità fisica ci appare più potente delle tante regine della pittura rinascimentale avvolte in sontuosi vestiti?

Perché questa signora è cosciente che i nostri destini discendono da lei: è una donna in “carne e ossa” con gli attributi femminili splendidamente ingigantiti e, nello stesso tempo, è la Dea Madre, la Madre Terra, il principio vitale per eccellenza, l’origine carnale e intellettuale dell’umanità e dell’universo. Non a caso è tanto più grande di noi! Ci è superiore nell’aspetto fisico e ci è superiore per la potenza creatrice che si sprigiona dai suoi larghissimi, incantevoli fianchi… Che voglia di abbracciarla, di stringerle le ginocchia!

La signora di Lachaise è l’essere oltre misura che genera ciò che è misurabile. Eh sì, come per tante civiltà antiche, anche per Gaston Lachaise, l’origine della vita è femmina. (Anche femmina è una gran bella parola: è probabilmente da collegare a foetum e a fecundum, e indica colei che fa essere e che nutre. Insomma colei che dà origine alle cose e agli uomini.)

Ma questa imponente signora è una madre buona o una madre cattiva? Né l’una né l’altra. La “donna nuda” di Lachaise vive in un mondo che precede ogni altra cosa: viene prima della storia, prima della cultura, prima della guerra dei sessi, prima di tutto. È un mondo che sta “al di qua” del bene e del male. E che non ha ancora fatto la conoscenza di quell’altro gigante che fu Friedrich Nietzsche: un mondo che non conosce il crepuscolo degli dèi, perché in esso gli dèi non sono ancora nati. Lei non li ha partoriti, ha partorito solo uomini: esseri, come lei, immensamente superiori al più maestoso degli dèi.

Sì, dobbiamo percorrere a ritroso la storia dell’umanità, se vogliamo sbarazzarci dei luoghi comuni che ci accecano anche nei fatti più banali dell’esistenza quotidiana. Bisogna avere il coraggio di compiere quella “regressione lungo i gradi dell’essere” di cui parlava Pasolini, per riscoprire la verità della nostra storia e della nostra anima. Chi ritorna da un lungo viaggio nel passato, dopo aver rivissuto tutte le tappe della nostra civiltà, sa che non c’è nulla da temere ad abbandonarsi a quel flusso amorevole che è l’eros. E ciò qualunque sia la forma che esso ama prendere nel suo imprevedibile percorso.