domenica 16 settembre 2007

A presto

Questo blog è nato in modo un po' casuale sotto la spinta emotiva, ed è andato cercandosi la sua ragione di essere strada facendo. A un certo punto, mi era sembrato che la chiave giusta potesse essere una sorta di critica di costume, tra il serio e il faceto.

Ma questo piano di lavoro adesso non mi basta più.
Per due ragioni:

1) Approfondendo alcuni temi, mi è venuta voglia di confrontarmi con una tematica più ampia e duratura: la realtà dell'eros considerata in una prospettiva filosofica, e cioè concentrando l'attenzione non sulle sue variabili ma sui suoi aspetti costitutivi.

2) Mentre continuo ad apprezzare la bellezza delle pulsioni sadomasochistiche (che naturalmente mi appartengono), mi è venuto a noia il mondo BDSM: troppo piccolo e troppo asfittico perché valga la pena di fare una critica di costume.

L'idea quindi è cambiare rotta. Il nuovo blog, a viso scoperto, con nome e cognome, sarà una sorta di laboratorio in pubblico, un luogo dove raccogliere i primi appunti e mettere alla prova certe intuizioni in vista di un lavoro più articolato e organico.

Naturalmente, delineare i confini di un così vasto terreno di studio e individuare in modo serio delle ipotesi di ricerca per un tema che da Platone a Bataille è già stato ampiamente affrontato richiede un certo lasso di tempo. La mia convinzione, in ogni caso, è che qualcosa sia sfuggita all'attenzione critica: qualcosa di grosso. E su di essa merita di mettersi a riflettere.

Perciò, ci rivedremo presto. E' un impegno che mi assumo volentieri.

Per intanto, un caloroso abbraccio al gruppetto di amici e di sconosciuti che mi hanno seguito in questi mesi.

Arrivederci
Arvo

venerdì 24 agosto 2007

Il teatro SM

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sabato 18 agosto 2007

Profili sotto il bisturi

Che cosa scrivono gli slave e le mistress nei loro profili? Come usano in particolare lo spazio libero che hanno a disposizione per parlare di sé? È quello che mi sono domandato prendendo in esame un campionario di centinaia di profili pubblicati su alcuni dei più noti siti BDSM italiani: Femdom Italia, Legami, Manette Matte, Zona Femdom (non ho considerato Al Bacaro Sadico perché ha un diverso format, che offre molte informazioni ma lascia poca libertà di sbizzarrirsi agli utenti). Gli standard, più o meno variati, sono pochi: i più importanti mi sembrano otto. Non ho preso in esame i profili di master, schiave o switch (e nemmeno il linguaggio delle immagini laddove è permesso inserirle). Ma credo che i risultati possano essere allargati anche a loro. Ovviamente, le categorie individuate hanno una funzione puramente descrittiva e nessuna, pertanto, è considerata qui migliore o peggiore di altre.

(Per ragioni di opportunità sono stati tolti i nick, ma le frasi sono reali: sono state scelte le più rappresentative e, in molti casi, le più belle. Un grazie agli autori)

1) “Cercasi mistress disperatamente”. Una percentuale molto alta di utenti sfrutta lo spazio a disposizione per pubblicare di fatto un vero e proprio annuncio. A prevalere, come ci si può aspettare, sono i “cerco padrona” ma non mancano i “cerco schiavo”. Per quanto riguarda la lunghezza e la complessità del testo, si va dalla laconica frase nominale del primo esempio alla circostanziata richiesta dell'ultimo.

- “sottomesso per padrona” (Legami);
- “schiavo di Roma in cerca di una padrona bbw molto molto in carne abbondantemente sopra i cento kg. Ti cerco disperatamente a Roma, se esisti contattami” (Manette Matte);
- “cerco compagna per ore piacevoli... astenersi perditempo” (Legami);
- “Uomo 40enne, amante della donna che veste in pelle nera ed attillata. Sono alla ricerca di una divina amante del genere per un rapporto vero, spero di trovarLa presto. Sono veneto” (Femdom Italia);
- “Cerco una bella e ripeto bella padrona dai 18 ai 35 con cui instaurare un vero rapporto di obbedienza e sottomissione a tutti i suoi capricci e voleri” (Manette Matte);
- “Sei alla ricerca di uno schiavo romantico, remissivo, ubbidiente, disposto a venerarti come una vera Regina ogni momento della giornata? Se sei tra 25 e 45 anni, crudele, dispotica, possessiva, desiderosa di avere un uomo ai tuoi piedi allora che aspetti, scrivimi. Sono un 35enne di Salerno, laureato, libero professionista, colto, atletico e di bell’aspetto, amante della musica classica, del cinema e del teatro, consapevole della superiorità femminile, che intende l’sm uno stile di vita e non una mera trasgressione di coppia. Aspiro ad un rapporto 24/7 dove la Donna al mio fianco possa diventare la mia Signora e Padrona. Adoro gli abiti in pelle, la lingerie, i tacchi alti, i giochi di ruolo ed essere sotto il continuo controllo della mia Tiranna. No a mercenarie, curiosi e perditempo. Solo Donne serie, single, motivate, consapevoli del ruolo” (Legami).

Ed ecco un paio di profili-annuncio scritti da donne:
- “Mistress di Roma, 47 anni, molto bella, cerca schiavi di Roma max 35 anni, carini, fisico atletico, depilati” (Zona Femdom);
- “Cerco aspiranti slaves come schiavi devoti. Le mansioni a cui saranno adibiti sono: autista, maggiordomo, zerbino, galoppino, domestico, leccapiedi, cagnolino da compagnia, a seconda delle necessità” (Legami).

2) “Io vorrei, non vorrei, ma se vuoi”. Alcuni utenti sono più discreti. Benché anche costoro siano in cerca, evitano di dirlo esplicitamente: non chiedono, non fissano condizioni; piuttosto esprimono i propri desideri, le fantasie, gli interessi, i sogni segreti. E, implicitamente, fanno intendere di essere disponibili. Il messaggio è più o meno questo: “io sono qui, e nell’attesa che tu mi risponda ti anticipo ciò che mi piace”. Perché, alla fine, la speranza è sempre quella: trovare una signora.

- “Vorrei essere ai piedi di una donna, anzi sotto i piedi” (Legami);
- “Sento il bisogno di essere punito, umiliato, sottomesso” (Femdom Italia);
- “Sono uno schiavo toscano, un whipping-boy pronto ad essere frustato sul mio culetto con la massima severità con fruste di ogni tipo, soprattutto le più dolorose da sadiche e spietate signore. Mi piacciono anche i giochi di ruolo in cui io sono la vittima” (Femdom Italia);
- “Mi piace adorare le morbide donne, partendo dai piedi fino ad arrivare... dove mi dici stop!” (Legami);
- “Adoro servire la mia Padrona... lavorando per Lei, svolgendo per Lei tutti i lavori domestici, servendola ed adorandola... vedendola vivere una vita comoda mentre mi comanda a bacchetta!” (Femdom Italia).

3) La filosofia femdom in pillole. Che questi utenti cerchino o no, poco importa. Loro sono dei teorici: si sono fatti delle idee, hanno maturato delle convinzioni (probabilmente anche delle esperienze), e ci tengono a metterlo in chiaro. Il messaggio qui è: “io la penso così”.

- “Sono convinto della superiorità femminile e vedo le donne come le regine del mondo” (Zona Femdom);
- “Non riconosco Femdom come valore assoluto! Solo pochissime, Vere Donne, si meritano la schiavitù di un uomo” (Femdom Italia);
- “Non riesco ad adorare un Dio, faccio fatica ad adorare una Donna, ma adoro discuterne” (Femdom Italia).

4) L’ego in vetrina. Un’altra percentuale di utenti (e mi ci infilo pure io) sceglie di descriversi in modo sintetico e spesso icastico con una frase che può essere originale o, viceversa, trovata su internet. Comunque l’utente vi si sente riflesso e la fa propria, presentandola coerentemente come sua. In evidenza mette la sua personalità, il suo modo di essere. Come dire: “se ti interesso, questo/a sono io”.

- “La seduzione è inscritta nel mio dna” (Manette Matte);
- “L’amore è la misura dei miei limiti; la sintonia stabilisce il vincolo; il desiderio mi rende schiavo” (Femdom Italia);
- “Intelligenza, sottomissione, ironia, remissività, fantasia, docilità = R.” (Zona Femdom);
- “Vivo nella follia… Ma senti che odore di carta e incenso; da una parte dico grazie, dall'altra continuo solo e senza corpo a scornarmi con il vento” (Manette Matte);
- "Amo le voragini di un'intimità senza confine, amo le anime infiammate che si rincorrono nella felice illusione di un abbraccio che non lascia respiro" (Femdom Italia).

5) “Sono qui, ma che me frega?” Una percentuale relativamente alta di utenti finge di ignorare di essere in un sito BDSM e usa il profilo per pubblicare un testo, più o meno lungo, che parla di tutt’altro. Per lo più si tratta di frasi “firmate”, poesie, assaggi narrativi, testi di canzoni. Il messaggio, più o meno enfatizzato, è questo: “sì, sono anche un appassionato di femdom, ma prima di tutto sono una persona con i miei sentimenti e i miei gusti”.

- “Del paradiso mi piace il clima, dell’inferno la compagnia” Oscar Wilde (Legami);
- “Il piccolo principe sedette su una pietra e alzò gli occhi verso il cielo. ‘Mi domando’ disse ‘se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua’” Saint-Exupéry (Legami);
- “… e non c’è niente da capire…” De Gregori (Legami).

6) “Anche Platone è stato schiavo”. C’è un altro gruppo di utenti che sembra non curarsi troppo di essere in un sito BDSM. Ma costoro, anziché un testo evocativo, preferiscono un aforisma o una massima che esprime una visione generale della vita. Sotto le vesti dello schiavo (o della padrona) si nasconde il filosofo. In tal caso, il messaggio è: “prima di tutto sono una testa pensante”.

- “Non c'è felicità nell'essere amati. Ognuno ama se stesso; ma amare, ecco la felicità” Herman Hesse (Manette Matte);
- “In medio stat virtus” (Zona Femdom);
- “Ridi... ed il mondo riderà con te. Piangi... e piangerai da solo” (Femdom Italia);
- “La vita è un anelito. Il suo compito è tendere alla perfezione, che è la realizzazione di sé. L’ideale non deve essere abbassato per via delle nostre debolezze o imperfezioni” Gandhi (Legami).

7) “Uomo avvisato, mezzo salvato”. Le mistress devono difendersi dallo spamming e da un buon numero di scocciatori. Molto spesso, perciò, i loro profili (quando non sono vuoti) tendono ad allontanare o a mettere in guardia. In sostanza, le donne dichiarano di non essere in cerca, di avere un caratteraccio e di non gradire che le si scriva. L’audace che voglia ugualmente contattarle lo fa a suo rischio e pericolo.

- “Sono acida come uno yogurt andato a male. Alla larga, ma molto molto alla larga da me (e per “molto” intendo: non mandatemi messaggi). Per chi si considera ‘ribelle’ o ‘monello’ o vuole essere dominato: andate al circo Togni!” (Femdom Italia);
- “Mistress io???... Sono solo una grandissima stronza” (Legami);
- “Sono un’incoerente, meteoropatica e lunatica, riesco a essere decisamente stronza senza metterci troppo impegno, dispettosa, testarda, capricciosa, permalosa e soprattutto possessiva. A parte questo, ho anche qualche difetto. Poi, dite che non vi avevo avvisato. Un sorriso” (Legami).

8) “Non sono sul mercato”. Una percentuale di gran lunga inferiore di utenti dichiara nel profilo di avere già un collare e pertanto di non essere in cerca. Se frequentano un sito o un forum, costoro lo fanno unicamente per il piacere di confrontarsi. Rispetto alla prima categoria individuata, siamo agli antipodi: “non cerco, perché ho già trovato”. È emblematico che, in questi casi, il messaggio sia sempre molto sintetico, come a dire: ciò che conta è l’appartenenza.

- “di H.” (Zona Femdom);
- “sono felice e onorato di appartenere alla mia Padrona, la Splendida Signora D.” (Femdom Italia);
- “sono l’umile schiavo della divina Padrona S. Questo per me è tutto” (Femdom Italia);
- “Sono proprietà di D., la mia Padrona Assoluta” (Legami).

(Foto in alto: Luca Tarlazzi)

domenica 5 agosto 2007

Per lei la vita è volontà di potenza

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martedì 24 luglio 2007

Una questione di gusto

Mi incuriosiscono sempre i nick di coloro che frequentano i forum o le chat, e spesso ne domando il significato. Ignoro invece i profili, perché raramente ci rivelano qualcosa di chi li compila. Spesso sono semplici, noiosi elenchi. E, generalmente, quanto più sono dettagliati tanto meno sono utili. Perché nei profili le pulsioni non hanno freni: uno ama leccare le suole delle scarpe, l’altro va pazzo per gli abbigliamenti fetish, quello per il fisting, quell’altro per lo spanking, e quell’altro ancora per tutt’e due. Embè? Chi c’è dietro quelle pulsioni?

D’accordo, cerchi una dea in latex che ti calpesti e ti prenda a ceffoni. Auguri. Ma tu chi sei? Come vivi? Che idee hai? Che studi hai fatto? Lavori? Leggi i giornali? Vai al cinema? Cosa pensi dell’amministrazione Bush? Che cosa ti viene in mente se qualcuno nomina la Baia dei Porci? Una spiaggia per vecchi e ricchi puttanieri? Tutte queste cose un profilo non le dice.

Il nick è più loquace perché, a differenza del nome con il quale siamo registrati all’anagrafe o del soprannome che ci hanno affibbiato gli amici, ce lo siamo scelti noi. Un nick è, in qualche misura, uno specchio della nostra personalità (piccolo come quello che usano le donne per rifarsi il trucco ma pur sempre uno specchio). E naturalmente, non è detto che rifletta una bella personalità. Ma i nick mi interessano pure perché sono simili a un disegno o a un volto: parlano in modo sintetico, lasciando trasparire anche ciò che vorremmo tacere.

Certo, moltissimi nick sono rivoltanti. Prenderei a pedate tutti quelli che invece di uno pseudonimo si sono scelti un’etichetta: feticista, masochista, feticista-masochista, feticista-dei-piedi, feticista-delle-mani, feticista-masochista-cuckolded, slave-feticista-sanfedista-coglione… Una mia amica ce l’ha in particolare con i sub: dice che le ricordano quelli che fanno immersione e, a immaginarseli davanti con la muta addosso, la maschera e le pinne, le viene da ridere. Ma lei è di animo generoso. A me sub fa venire in mente subnormale.

Il mio amico axel mi rimprovererebbe che non è bello ironizzare sulle fantasie altrui. Ma, in realtà, io non ho niente contro le fantasie. Anzi! C’è uno che va raccontando, un po’ in tutti i siti, che gli piace farsi passare il ferro da stiro caldo sopra il corpo. Forse ha ragione Miss-Monica a dire che è matto. Ma a me è simpatico, perché ha raccontato una cosa che non avevo letto prima e lo ha fatto senza chiasso (anche se, intendiamoci, io dico la safeword se solo mi si chiede di stirare le camice).

Insomma, è il modo in cui certe fantasie vengono espresse che mi suscita il riso, e allora non resisto: perché esibizione e ingenuità sono sempre una colpa. La mancanza di gusto, di stile, di educazione, di civiltà è segno che la persona in questione non ha fatto nessuno sforzo per migliorarsi: magari ha scolpito il suo fisico (come usano dire oggi i rotocalchi femminili), ma non ha saputo scolpire il suo intelletto.

C’è, però, anche chi sa essere relativamente esplicito e originale nello stesso tempo. Faccio due esempi. Uno è sottobosco. Si è scelto un nick evocativo, che in una chat normale apparirebbe enigmatico ma in una femdom room non lascia adito a dubbi sulle sue tendenze. Però nel sottobosco nascono tanti buoni frutti, e il nick suggerisce che nel suo animo c’è molto da scoprire. Mi è simpatico. A una donna capace di leggere nella mente di un uomo, uno così non passa inosservato.

L’altro nick è gonnarosantico. Questo è ancora più chiaro. Si capisce subito che a quest'uomo interessa il travestitismo. Però lo dice con eleganza, usando una sineddoche: la parte per il tutto. Non mette davanti la sua pulsione. Offre piuttosto se stesso, e se ne sta lì, con grazia, ad aspettare come farebbe una cameriera d’altri tempi. Una padrona, leggendolo, se lo può immaginare vicino, pronto al suo servizio, già bell’e abbigliato. Peraltro, ha scelto un bel colore (che talvolta in chat cambia, dimostrando di avere un ampio corredo non solo di abiti ma anche di idee). È la servetta giusta per una signora un po’ aristocratica.

(foto theFrenchMaids.net)

sabato 14 luglio 2007

La grande donna nuda di Lachaise

La fotografia qui accanto raffigura una statua di Gaston Lachaise, ospitata nel giardino delle sculture del Museum of Modern Art di New York (il MoMa): in assoluto, uno dei posti più belli al mondo dove andare. La statua, in bronzo, è del 1932, s’intitola Standing Woman, è alta circa due metri e trenta centimetri, e larga oltre un metro. Ne parla anche Gloria Brame in un suo articolo che si può leggere in traduzione su Femdom Italia.

Perché mi piace questa scultura? Anzitutto per le sue dimensioni e la sua gravità: questa donna nuda si colloca con decisione nello spazio, e lo riempie di sé. Non guarda in alto, verso il cielo: non le importa niente dei mondi superiori, non ha niente di spirituale. È pura materia e vive totalmente in essa. È materia nel senso odierno, quasi tecnico, del termine (tanto gradito alla critica d’arte contemporanea). Ma lo è anche nel senso originario, pagano, di sostanza prima da cui sono formate le altre.

Già. Materiam, manum, matrem: sono tutti termini collegati fra loro dalla medesima radice. La materia appartiene all’ambito di ciò che è misurabile (non a quello delle idee): ha un’estensione, un peso, una forma, una consistenza, un contorno… Può essere toccata, accarezzata, manipolata... È così perché è stata generata: dalla natura o con mano. Se le idee hanno bisogno di un principio paterno, maschile, la materia non può fare a meno di un principio materno, femminile.

Ecco, il significato di questa “donna nuda” – come la chiama semplicemente la Brame – sta qui, nell’immagine di questa madre che plasma la materia. Anzi, l’ha già plasmata, e ora non ha nemmeno bisogno di contemplarla. È raccolta in se stessa, paga della sua grandezza, piantata nel suolo e con il capo che sfiora le nubi, come le vette delle montagne, giacché lei stessa è una montagna.

Ma perché è così “calma” la signora di Lachaise? Perché, per quanto intimamente nuda, non prova alcuna vergogna? Perché nella sua assoluta nudità fisica ci appare più potente delle tante regine della pittura rinascimentale avvolte in sontuosi vestiti?

Perché questa signora è cosciente che i nostri destini discendono da lei: è una donna in “carne e ossa” con gli attributi femminili splendidamente ingigantiti e, nello stesso tempo, è la Dea Madre, la Madre Terra, il principio vitale per eccellenza, l’origine carnale e intellettuale dell’umanità e dell’universo. Non a caso è tanto più grande di noi! Ci è superiore nell’aspetto fisico e ci è superiore per la potenza creatrice che si sprigiona dai suoi larghissimi, incantevoli fianchi… Che voglia di abbracciarla, di stringerle le ginocchia!

La signora di Lachaise è l’essere oltre misura che genera ciò che è misurabile. Eh sì, come per tante civiltà antiche, anche per Gaston Lachaise, l’origine della vita è femmina. (Anche femmina è una gran bella parola: è probabilmente da collegare a foetum e a fecundum, e indica colei che fa essere e che nutre. Insomma colei che dà origine alle cose e agli uomini.)

Ma questa imponente signora è una madre buona o una madre cattiva? Né l’una né l’altra. La “donna nuda” di Lachaise vive in un mondo che precede ogni altra cosa: viene prima della storia, prima della cultura, prima della guerra dei sessi, prima di tutto. È un mondo che sta “al di qua” del bene e del male. E che non ha ancora fatto la conoscenza di quell’altro gigante che fu Friedrich Nietzsche: un mondo che non conosce il crepuscolo degli dèi, perché in esso gli dèi non sono ancora nati. Lei non li ha partoriti, ha partorito solo uomini: esseri, come lei, immensamente superiori al più maestoso degli dèi.

Sì, dobbiamo percorrere a ritroso la storia dell’umanità, se vogliamo sbarazzarci dei luoghi comuni che ci accecano anche nei fatti più banali dell’esistenza quotidiana. Bisogna avere il coraggio di compiere quella “regressione lungo i gradi dell’essere” di cui parlava Pasolini, per riscoprire la verità della nostra storia e della nostra anima. Chi ritorna da un lungo viaggio nel passato, dopo aver rivissuto tutte le tappe della nostra civiltà, sa che non c’è nulla da temere ad abbandonarsi a quel flusso amorevole che è l’eros. E ciò qualunque sia la forma che esso ama prendere nel suo imprevedibile percorso.

venerdì 6 luglio 2007

Al diavolo gli zerbini... (se sa cosa farne)

Ogni tanto qualcuno, leggendo quello che scrivo nei forum o in chat, mi domanda: ma tu non sei slave? E, regolarmente, mi tiene una lezione su come dovrebbe comportarsi un bravo schiavo per fare la felicità della sua padrona, e soddisfarne ogni desiderio o capriccio. Perché la volontà di una padrona è legge. Già, però, io non sono slave. Sono masochista! Porca puttana, non è la stessa cosa.

Fondamentalmente, della sottomissione non me ne frega niente. O, almeno, non me ne frega niente di quel tipo di sottomissione che nei forum SM viene presentata come ideale. E ancor meno, se possibile, me ne frega della sottomissione come stile di vita.

Anzi, mi girano i coglioni se vedo un uomo atteggiarsi a zerbino; mi fanno schifo vermi, insetti, umili, inetti e incapaci. Scoppio a ridere se qualcuno accenna a parlare di superiorità femminile. Mi guardo bene dal porgere l’altra guancia se ricevo uno sgarbo (semmai pecco per eccesso di difesa: restituisco più dell’offesa subita) e, se devo mandare a cagare un deficiente, lo faccio con gusto, senza complessi di colpa. Be’, no, questo non è vero: lo mando a cagare, poi però i complessi di colpa li ho, eccome. Tutto considerato, sono per natura un uomo gentile e affabile.

mercoledì 27 giugno 2007

Strap-on: lei non sente niente

Questo brano è tratto dal blog di Bitchy Jones, una donna dominante inglese che a me è molto cara e che ha un grande merito: sa parlare chiaro. In questo articolo si occupa dello strap-on, una fissazione di molti slave.


Fuck Me

He hasn’t asked yet – so I suppose that’s a tick in the good boy column - but I know he will. They always ask me this. The big question. The one I always get sooner or later. This one:

Do you have a strap-on?

*deep breath* No, I don’t. And it may surprise you to learn this, but they actually aren’t compulsory. They are also rubbish. And here I shall outline why I think strap-on play is a bunch of fucking crap and has absolutely nothing to do with a dominant woman taking her pleasure from a man and, as is often the case, my voice will be like a plaintive howl in the wind. I am the Cassandra of female domination.

Because, yes, strap-ons, aren’t they great? Aren’t they the bloody business? Flick a few straps and you have a big butch penis with which you can bugger your merry way about the place.

Actually, no. Strap-ons fucking suck.

You see, the problem with strap-ons is, they are not actually part of my body. No matter how good the harness is, they’re not actually attached to my central nervous system, which, forgive me, is kind of the big deal with the penis. Some of you have got one, right? You know how it’s got all those nerve endings? You know how it’s all sensitive? You know how that’s kind of the whole damn point?

Is that clear? Want it clearer?

I. Cannot. Feel. Anything.

Bitchy Jones
http://bitchyjones.wordpress.com/2007/03/24/fuck-me/





venerdì 15 giugno 2007

La felicità femdom

Confesso: sono di parte, addirittura fazioso. Mi piace il forum di Femdom Italia, perché lì mi sento a casa mia, e intervengo soltanto su quello. Ma leggo anche le pagine di altri kinky websites, e mi capita periodicamente di imbattermi in interventi accorati che mi toccano a fondo: sono quelli di coloro che sentono la propria vita incompleta e soffrono perché, anche quando hanno ottenuto molto, manca loro ancora qualcosa di fondamentale, la realizzazione della propria natura. E, magari, quella natura, la tengono segreta, perché sono sposati, perché se ne vergognano, perché semplicemente non hanno avuto l’occasione di lasciarla affiorare… A costoro mi sento legato da un sentimento fraterno. Perché quella sofferenza l’ho provata anch’io. Perché tutti, senza eccezioni, conosciamo l’angoscia. E in quell’angoscia c’è la nostra umanità.

È vero, spesso – molto spesso! – la sofferenza ci porta ad agire da sciocchi o ci rende vittime della frenesia. Ma, talvolta, la sofferenza ispira anche un gesto nobile, uno slancio di generosità nel quale mettiamo in gioco tutto noi stessi. Succede, talvolta, di apprezzare un tale gesto, assoluto e radicale, che qualche slave rivolge in pubblico a una persona prima che a una mistress.

Secondo me, quegli slave vanno presi a modello perché, per ottenere ciò che abbiamo a cuore, dobbiamo osare e correre il rischio di perdere la faccia. Ammiro le persone che sanno farlo e che si costringono a trovare il coraggio dentro di sé. Nessuno di noi, quel coraggio lo trova già bell’e pronto. Il coraggio è qualcosa che ci si dà, che si cerca, che ci si impone. Ammiro coloro che sanno lottare con le proprie timidezze e le proprie paure per dimostrarsi all’altezza della loro signora. Questi uomini sono degni di stima persino nella sconfitta, persino nell’errore. Perché sanno migliorarsi.

Incominciamo tutti a frequentare un sito per ragioni diverse. Ma fra le tante ragioni credo che ce ne sia una che ci accomuna: il desiderio o il sogno di una felicità femdom. No, non è un sogno facile da realizzare, non è mai facile realizzare i propri sogni: il mondo non è lì trepidante ad attendere il nostro arrivo. Però ciò non significa che bisogna rinunciare. Significa piuttosto che bisogna fare uno sforzo maggiore: di volontà, di fantasia, di intelligenza.

Quella felicità non è una chimera, esiste, si può costruire. Abbiamo il dovere di dirlo a chi per la prima volta si avvicina a questo mondo, spesso già carico di tante delusioni. Le donne sono più tolleranti e disponibili di quanto di solito noi crediamo. Ma bisogna imparare a rivolgersi loro nel modo giusto, che ogni volta è differente: non esistono ricette valide in ogni caso. Alcune di loro hanno scoperto la loro natura dominante durante l’infanzia, e hanno incominciato presto a coltivarla oppure hanno lasciato che si assopisse per farla riemergere al momento opportuno. Altre la scoprono più avanti, talvolta dopo un matrimonio finito male. Comunque quelle tendenze ci sono: non lasciamole sfiorire, proviamo a risvegliarle.

Certo, di solito ci avviciniamo a una donna dominante spinti dalle nostre fantasie o da un desiderio insoddisfatto (quante volte ce lo hanno rimproverato?). È sempre così, è naturale che sia così: se le nostre pulsioni non fossero così imperative non riusciremmo a scambiare neppure un saluto con una signora. Ma non fissiamoci sulle nostre private fantasie. Anzi, dimentichiamole: ci divertiremo di più. Lasciamoci guidare, impariamo piuttosto a essere ricettivi ai segnali della nostra signora e preparati a risponderle o ad anticiparla, se è il caso.

Come ogni altra relazione – anzi, per l’intimità e la complicità che si creano, forse più di ogni altra relazione (lei conosce alla perfezione il tuo corpo e il tuo animo, ti legge dentro, perché davanti a lei tu sei intimamente nudo, non potresti nasconderle niente neanche se lo volessi, ricordalo! ) –, un rapporto femdom può diventare una scoperta continua: giocando, ci accorgiamo che ci piacciono cose che prima nemmeno ci sognavamo che esistessero. È questo il bello di una relazione. È in questo modo che, giorno dopo giorno, si costruisce la felicità femdom. Ed è questo che rende un rapporto speciale e memorabile. Persino dopo che è finito.

venerdì 8 giugno 2007

Il potere della fantasia

Ma che cosa ci affascina davvero in una signora? Dolce Domina, in un articolo peraltro disilluso apparaso su Femdom Italia, ci consiglia di guardare in una Miss anzitutto queste qualità: “energia, esperienza, stile, fascino, modus operandi”.

Sì, quelle suggerite da DD sono qualità preziose.

C’è però un’altra qualità che io trovo formidabile, addirittura disarmante. È la fantasia, intesa nel senso più concreto del termine, come capacità di iniziativa, di trasformare gli oggetti, di inventare un gesto, una situazione, qualcosa che ti sorprende e ti lascia senza parole, non solo durante una sessione, ma anche al bar, al ristorante, nel foyer di un teatro, in compagnia degli amici…

Ogni volta rimango ammirato da quanto poco basti a certe donne dominanti per spiazzarti e coglierti alla sprovvista. Non hanno bisogno di molti attrezzi. Una frase, un semplice foulard, una cordicella, tutto nelle loro mani può diventare uno strumento di potere… Quando meno te lo aspetti, inventano qualcosa, spesso lì per lì, senza sforzo, senza pensarci sopra molto, e tu allora ti domandi: "Ma come ha fatto? Come le è venuto in mente? Dove le trova certe idee?" Allora davvero ti arrendi, e ti senti sottomesso anche nell'anima. Allora l'adori sul serio, non per gioco. Perché non puoi fare nulla, non hai nulla da rispondere. Perché tu non saresti mai stato in grado di pensare un gesto altrettanto bello, altrettanto adeguato, singolare, e così perfetto in quel determinato momento. Perché a te quella capacità di invenzione manca e al loro posto saresti prevedibile, monotono, scontato.

Oh, sì, certo, mi piacciono da morire anche le nostre attrezzature da castello medievale. Però, non sono quelle attrezzature che mi fanno sentire “schiavo”, che mi piegano all’autorità di una padrona. Sono invece le risorse della sua fantasia che, poi, è come dire le risorse della sua personalità ad avere realmente quell’effetto.

Perché, diciamocelo, se fossimo noi a condurre il gioco replicheremmo sempre lo stesso schema, una sessione sarebbe uguale all’altra. I feticisti del piede, i fanatici dello spanking, gli appassionati dello strap on, tutti ci preoccuperemmo soltanto di soddisfare la nostra mania e rimarremmo concentrati su quella dall’inizio alla fine, senza variazioni. La prima volta siamo felici, perché, dio mio, è vero, quanto abbiamo sognato quell'occasione, quanto l'abbiamo attesa! Ma che noia dopo un po', che noia una volta soddisfatto il capriccio! Non è forse così? Per carità, anch’io ho le mie fissazioni, i miei feticci, non faccio eccezione, non sono migliore di nessuno: ma da quando ho imparato a dimenticarmene mi diverto mille volte di più.

Con certe donne dominanti, invece, ogni istante è una sorpresa, ogni incontro o ogni conversazione una fonte di novità, persino quando ti tengono sulle spine, persino quando si negano. Nessuna esperienza è uguale all’altra. Ecco, se devo riconoscere una supremazia in certe donne (certe donne!) la riconosco in questa capacità, per la quale le invidio tanto perché a me manca. Chissà, forse siamo schiavi anche per questo, perché nel fondo della nostra coscienza sappiamo che non siamo in grado di condurre un rapporto e guidare un gioco altrettanto bene… In fondo, ci è più comodo essere schiavi. No, non mi fraintendete: lo so che tutti quanti interagiamo, nessuno di noi resta passivo, anche noi compiamo i nostri gesti, anche noi sappiamo sorprendere… Ma noi ci muoviamo sullo scenario disegnato da una Signora. Siamo pedine nelle sue mani. E' questa la differenza.

(Sopra, un dipinto senza titolo del sudcoreano Myung-Lae-Nam)

domenica 20 maggio 2007

La fragilità di una signora

A quelli come me piacciono le donne dominanti, che sanno comandare, si divertono a metterti in imbarazzo, adorano batterti e vederti ai loro piedi, inerte, arrendevole, pronto a rinunciare alla tua volontà… Questo lo sappiamo. Ma come è fatta questa donna dominante? Per nostra fortuna, non ha niente da spartire con le rivoltanti fissazioni delle immondizie pornografiche.

Le donne dominanti non si trovano su You Tube o su DivShare, non si trovano nemmeno nelle porcate di Sacher-Masoch (il contorto, odioso, maniaco romanziere che, suo malgrado, ha dato il nome alla nostra stupenda natura e che oggi ricordiamo solo per quello).

Le donne dominanti hanno un’incantevole, profonda, sofferta fragilità. Tutte. Senza eccezioni. Ed è in quella umanissima fragilità che affondano le radici del loro potere. (Sono donne dominanti. Ma donne! Perché lo dimentichiamo tanto spesso?) Oh, è vero, ognuno di noi è fragile e vulnerabile nel segreto della sua anima. Ma le donne dominanti lo sono in un modo speciale, tutto loro. Perché sanno trasformare la fragilità in forza. Ti insegnano che anche nella debolezza si può essere grandi, anche nella depressione si può conservare il senso della dignità e che quando il mondo ti crolla addosso non puoi, non devi perdere l’autostima.

Eh, sì, c’è tutto un maledetto rituale che ci inganna, c’è un copione da imbecilli che pretende che la donna dominante sia sempre sicura di sé, algida, superiore, forte, determinata, decisa… Ma queste sono madornali stronzate. Se soltanto le guardassimo qualche volta negli occhi queste donne dominanti! Spesso sono estremamente riservate, addirittura timide, magnificamente incerte. Ne ho conosciute alcune bellissime che pure, nell’intimità, ti confidano di sentirsi brutte: non si piacciono, non si trovano affatto sexy. E tu ti domandi come sia possibile, e le ami ancora di più, ti senti ancora più servo per quella confidenza che tu, al loro posto, non saresti mai stato capace di fare. Spesso queste donne dominanti sono ipersensibili e hanno dentro di sé tante piccole o grandi cicatrici, tante tremende ferite. A volte hanno un’incredibile paura di soffrire, di gettarsi in un nuovo amore, di perdersi e perderti… Tutte quelle spine, quelle sciagurate, squisite spine… Rinuncereste a una rosa per le spine? Io, mai.

Adoro queste donne dominanti perché la loro fragilità non solo non diminuisce il loro potere ma, se possibile, addirittura lo rafforza. Mi sento più sicuro a sottomettermi a una signora che non mi nasconde la sua debolezza. Perché una donna così sa cogliere anche la mia debolezza, e la rispetta. Sì, certo, anche a lei può capitare di ferirmi (quanto male, dannazione, ci facciamo per amore!). Ma non mi ferisce mai per cattiveria.

sabato 19 maggio 2007

Mi piace parlare...

Mi piace, dopo aver giocato, parlare con la mia signora, chiederle che cosa ha provato, quali sensazioni ha avuto. Magari non subito. Perché, a volte, dopo una sessione ci si sente spossati. Si ha voglia di altro: di coccole, di carezze, di baci, di sesso. Quello, in genere, non è il momento di conversare. Però il giorno dopo, una settimana dopo, quando capita… mi piace chiederle, domandarle.

Io credo di aver ormai imparato a conoscere il mio corpo. So che cosa mi accade dentro. E mi piace raccontarglielo, se vuole, perché ricordare vuol dire rivivere una bella situazione e soprattutto perché, ricordando, ci si conosce meglio, cresce la complicità e diventa poi più facile intendersi, anche senza parole.

Ma che cosa accade nel suo corpo, nella sua testa?

Sì, certo, mentre mi hai fra le tue mani, riconosco le tue reazioni. Le vedo o almeno le sento. A volte ti piace bendarmi gli occhi. So che nel fare questo provi uno straordinario senso di potere. Ma, con gli occhi bendati, i sensi sono ancora più vigili e attenti, sono pronti a cogliere ogni segnale, ogni indizio… Sento se ti piaccio, sento se i miei sussulti ti comunicano qualcosa (sai che non sono uno che si trattiene, non ho paura di manifestare il mio dolore). Sento se i miei lamenti ti eccitano, se quando ti imploro hai la sensazione che ti appartengo, che sono tuo…

Ma, nella parte più segreta di te, quella più intima dove nessuno può arrivare, che cosa succede quando mi batti? Ti piace far male, ti piace vedermi soffrire, questo lo sappiamo entrambi. È anche per questo che giochiamo insieme (giochiamo insieme per mille motivi ma fra quei mille questo è uno dei principali), e a me piace soffrire per te: è una cosa che mi fa impazzire.

Ma, dimmi, che cosa invece eccita te? I miei gridi, i miei gemiti? Le striature rosse sulle mie spalle e sulle mie natiche? Il sibilo della frusta? Ti piace trascinarmi fino al punto in cui non ce la faccio più e ti supplico di fermarti? Ti piace combattere con la mia resistenza? Ti eccita vedere un uomo inerte, nudo nel fisico e nell’anima, un uomo che non può nascondere niente, un uomo che costringi a essere vero? Che cosa davvero ti dà soddisfazione? Quale incantevole, perversa, estasiante molla scatta dentro di te?

E che forma acquista quella eccitazione? Che cosa genera dentro di te il senso di potere? Cosa avviene nella tua testa?

(In alto, La canzonettista, di Antonio Donghi)

domenica 6 maggio 2007

Che cos'è educazione

Sono un fanatico delle etimologie, perché l’origine delle parole aiuta a capire il senso di quello che diciamo e facciamo. E anche perché sono perverso: sono un feticista del linguaggio.

La parola “educare” è attestata per la prima volta nel XV secolo. Deriva dal latino educare, composto dalla particella e- (ex), che vuol dire “da”, “fuori”, e dal verbo ducàre (intensivo di dùcere), cioè “condurre”, “guidare”, “trarre”.

Educare significa insomma “tirare fuori”, “portare alla luce”, “far emergere”.

Spiega il dizionario etimologico: “educare vuol dire aiutare con opportuna disciplina a mettere in atto e a svolgere le buone inclinazioni dell’animo e le potenzialità della mente, e a combattere le inclinazioni non buone. Educare è cioè un condur fuori l’uomo dai difetti originali della rozza natura, instillando abitudini di moralità e di buona creanza”.

Bello, vero? La natura umana è di per sé rozza (e affanculo i miti di una bontà primitiva, comune a tutti gli uomini: quella è pura ideologia!). Ma dentro di noi abbiamo già presenti delle inclinazioni e delle potenzialità che possono rimanere nascoste e andare sprecate, oppure, grazie a un’adeguata guida, possono svilupparsi e fiorire.

La cosa triste è che da un uomo si può trarre fuori solo quello che custodisce già dentro di sé in potenza. Ciò che gli manca... be', amen, nemmeno la più tenace e santa mistress potrà mai instillarglielo. Questo almeno insegna la storia delle parole.