mercoledì 27 giugno 2007

Strap-on: lei non sente niente

Questo brano è tratto dal blog di Bitchy Jones, una donna dominante inglese che a me è molto cara e che ha un grande merito: sa parlare chiaro. In questo articolo si occupa dello strap-on, una fissazione di molti slave.


Fuck Me

He hasn’t asked yet – so I suppose that’s a tick in the good boy column - but I know he will. They always ask me this. The big question. The one I always get sooner or later. This one:

Do you have a strap-on?

*deep breath* No, I don’t. And it may surprise you to learn this, but they actually aren’t compulsory. They are also rubbish. And here I shall outline why I think strap-on play is a bunch of fucking crap and has absolutely nothing to do with a dominant woman taking her pleasure from a man and, as is often the case, my voice will be like a plaintive howl in the wind. I am the Cassandra of female domination.

Because, yes, strap-ons, aren’t they great? Aren’t they the bloody business? Flick a few straps and you have a big butch penis with which you can bugger your merry way about the place.

Actually, no. Strap-ons fucking suck.

You see, the problem with strap-ons is, they are not actually part of my body. No matter how good the harness is, they’re not actually attached to my central nervous system, which, forgive me, is kind of the big deal with the penis. Some of you have got one, right? You know how it’s got all those nerve endings? You know how it’s all sensitive? You know how that’s kind of the whole damn point?

Is that clear? Want it clearer?

I. Cannot. Feel. Anything.

Bitchy Jones
http://bitchyjones.wordpress.com/2007/03/24/fuck-me/





venerdì 15 giugno 2007

La felicità femdom

Confesso: sono di parte, addirittura fazioso. Mi piace il forum di Femdom Italia, perché lì mi sento a casa mia, e intervengo soltanto su quello. Ma leggo anche le pagine di altri kinky websites, e mi capita periodicamente di imbattermi in interventi accorati che mi toccano a fondo: sono quelli di coloro che sentono la propria vita incompleta e soffrono perché, anche quando hanno ottenuto molto, manca loro ancora qualcosa di fondamentale, la realizzazione della propria natura. E, magari, quella natura, la tengono segreta, perché sono sposati, perché se ne vergognano, perché semplicemente non hanno avuto l’occasione di lasciarla affiorare… A costoro mi sento legato da un sentimento fraterno. Perché quella sofferenza l’ho provata anch’io. Perché tutti, senza eccezioni, conosciamo l’angoscia. E in quell’angoscia c’è la nostra umanità.

È vero, spesso – molto spesso! – la sofferenza ci porta ad agire da sciocchi o ci rende vittime della frenesia. Ma, talvolta, la sofferenza ispira anche un gesto nobile, uno slancio di generosità nel quale mettiamo in gioco tutto noi stessi. Succede, talvolta, di apprezzare un tale gesto, assoluto e radicale, che qualche slave rivolge in pubblico a una persona prima che a una mistress.

Secondo me, quegli slave vanno presi a modello perché, per ottenere ciò che abbiamo a cuore, dobbiamo osare e correre il rischio di perdere la faccia. Ammiro le persone che sanno farlo e che si costringono a trovare il coraggio dentro di sé. Nessuno di noi, quel coraggio lo trova già bell’e pronto. Il coraggio è qualcosa che ci si dà, che si cerca, che ci si impone. Ammiro coloro che sanno lottare con le proprie timidezze e le proprie paure per dimostrarsi all’altezza della loro signora. Questi uomini sono degni di stima persino nella sconfitta, persino nell’errore. Perché sanno migliorarsi.

Incominciamo tutti a frequentare un sito per ragioni diverse. Ma fra le tante ragioni credo che ce ne sia una che ci accomuna: il desiderio o il sogno di una felicità femdom. No, non è un sogno facile da realizzare, non è mai facile realizzare i propri sogni: il mondo non è lì trepidante ad attendere il nostro arrivo. Però ciò non significa che bisogna rinunciare. Significa piuttosto che bisogna fare uno sforzo maggiore: di volontà, di fantasia, di intelligenza.

Quella felicità non è una chimera, esiste, si può costruire. Abbiamo il dovere di dirlo a chi per la prima volta si avvicina a questo mondo, spesso già carico di tante delusioni. Le donne sono più tolleranti e disponibili di quanto di solito noi crediamo. Ma bisogna imparare a rivolgersi loro nel modo giusto, che ogni volta è differente: non esistono ricette valide in ogni caso. Alcune di loro hanno scoperto la loro natura dominante durante l’infanzia, e hanno incominciato presto a coltivarla oppure hanno lasciato che si assopisse per farla riemergere al momento opportuno. Altre la scoprono più avanti, talvolta dopo un matrimonio finito male. Comunque quelle tendenze ci sono: non lasciamole sfiorire, proviamo a risvegliarle.

Certo, di solito ci avviciniamo a una donna dominante spinti dalle nostre fantasie o da un desiderio insoddisfatto (quante volte ce lo hanno rimproverato?). È sempre così, è naturale che sia così: se le nostre pulsioni non fossero così imperative non riusciremmo a scambiare neppure un saluto con una signora. Ma non fissiamoci sulle nostre private fantasie. Anzi, dimentichiamole: ci divertiremo di più. Lasciamoci guidare, impariamo piuttosto a essere ricettivi ai segnali della nostra signora e preparati a risponderle o ad anticiparla, se è il caso.

Come ogni altra relazione – anzi, per l’intimità e la complicità che si creano, forse più di ogni altra relazione (lei conosce alla perfezione il tuo corpo e il tuo animo, ti legge dentro, perché davanti a lei tu sei intimamente nudo, non potresti nasconderle niente neanche se lo volessi, ricordalo! ) –, un rapporto femdom può diventare una scoperta continua: giocando, ci accorgiamo che ci piacciono cose che prima nemmeno ci sognavamo che esistessero. È questo il bello di una relazione. È in questo modo che, giorno dopo giorno, si costruisce la felicità femdom. Ed è questo che rende un rapporto speciale e memorabile. Persino dopo che è finito.

venerdì 8 giugno 2007

Il potere della fantasia

Ma che cosa ci affascina davvero in una signora? Dolce Domina, in un articolo peraltro disilluso apparaso su Femdom Italia, ci consiglia di guardare in una Miss anzitutto queste qualità: “energia, esperienza, stile, fascino, modus operandi”.

Sì, quelle suggerite da DD sono qualità preziose.

C’è però un’altra qualità che io trovo formidabile, addirittura disarmante. È la fantasia, intesa nel senso più concreto del termine, come capacità di iniziativa, di trasformare gli oggetti, di inventare un gesto, una situazione, qualcosa che ti sorprende e ti lascia senza parole, non solo durante una sessione, ma anche al bar, al ristorante, nel foyer di un teatro, in compagnia degli amici…

Ogni volta rimango ammirato da quanto poco basti a certe donne dominanti per spiazzarti e coglierti alla sprovvista. Non hanno bisogno di molti attrezzi. Una frase, un semplice foulard, una cordicella, tutto nelle loro mani può diventare uno strumento di potere… Quando meno te lo aspetti, inventano qualcosa, spesso lì per lì, senza sforzo, senza pensarci sopra molto, e tu allora ti domandi: "Ma come ha fatto? Come le è venuto in mente? Dove le trova certe idee?" Allora davvero ti arrendi, e ti senti sottomesso anche nell'anima. Allora l'adori sul serio, non per gioco. Perché non puoi fare nulla, non hai nulla da rispondere. Perché tu non saresti mai stato in grado di pensare un gesto altrettanto bello, altrettanto adeguato, singolare, e così perfetto in quel determinato momento. Perché a te quella capacità di invenzione manca e al loro posto saresti prevedibile, monotono, scontato.

Oh, sì, certo, mi piacciono da morire anche le nostre attrezzature da castello medievale. Però, non sono quelle attrezzature che mi fanno sentire “schiavo”, che mi piegano all’autorità di una padrona. Sono invece le risorse della sua fantasia che, poi, è come dire le risorse della sua personalità ad avere realmente quell’effetto.

Perché, diciamocelo, se fossimo noi a condurre il gioco replicheremmo sempre lo stesso schema, una sessione sarebbe uguale all’altra. I feticisti del piede, i fanatici dello spanking, gli appassionati dello strap on, tutti ci preoccuperemmo soltanto di soddisfare la nostra mania e rimarremmo concentrati su quella dall’inizio alla fine, senza variazioni. La prima volta siamo felici, perché, dio mio, è vero, quanto abbiamo sognato quell'occasione, quanto l'abbiamo attesa! Ma che noia dopo un po', che noia una volta soddisfatto il capriccio! Non è forse così? Per carità, anch’io ho le mie fissazioni, i miei feticci, non faccio eccezione, non sono migliore di nessuno: ma da quando ho imparato a dimenticarmene mi diverto mille volte di più.

Con certe donne dominanti, invece, ogni istante è una sorpresa, ogni incontro o ogni conversazione una fonte di novità, persino quando ti tengono sulle spine, persino quando si negano. Nessuna esperienza è uguale all’altra. Ecco, se devo riconoscere una supremazia in certe donne (certe donne!) la riconosco in questa capacità, per la quale le invidio tanto perché a me manca. Chissà, forse siamo schiavi anche per questo, perché nel fondo della nostra coscienza sappiamo che non siamo in grado di condurre un rapporto e guidare un gioco altrettanto bene… In fondo, ci è più comodo essere schiavi. No, non mi fraintendete: lo so che tutti quanti interagiamo, nessuno di noi resta passivo, anche noi compiamo i nostri gesti, anche noi sappiamo sorprendere… Ma noi ci muoviamo sullo scenario disegnato da una Signora. Siamo pedine nelle sue mani. E' questa la differenza.

(Sopra, un dipinto senza titolo del sudcoreano Myung-Lae-Nam)